Per chi ha figli in età scolare, molto spesso la fine del mese di agosto porta con sè la tragica scoperta che i figli non hanno terminato i compiti delle vacanze, probabilmente non hanno superato nemmeno la metà del lungo cammino dei doveri dello scolaro.
Alla fatidica domanda: “come siamo messi con i compiti?” cala un silenzio carico della consapevolezza che prima o dopo il momento della verità giunge inesorabile e il figlio assume la tipica espressione del condannato a morte di fronte al patibolo.
In 8 anni mi sono resa conto che ogni raccomandazione o preghiera fatta al termine della scuola, per non arrivare il 7 di settembre alle dieci di sera con ancora mezzo libro di matematica da completare, è tempo perso e parole che puntualmente e inesorabilmente, vengono cancellate dalla memoria appena i piccoli alluci della prole toccano l’acqua del mare i primi di luglio.
Perchè siamo onesti, ci siamo passati tutti, se come nel mio caso (oserei direi fortunatamente col senno di poi), non si ha una nonna cresciuta fra le due guerre che sa imporsi come un generale nazista, avere i libri davanti un paio d’ore al giorno e nel frattempo fare tutt’altro è un trucco che anche il bambino meno furbo al mondo impara, appena si rende conto che i nonni hanno l’abitudine di addormentarsi proprio in quelle due ore, guardando il Tour De France o NCIS.
Immagino la scena: nonno che russa sulla poltrona, ciclisti che arrancano sui pendi delle alpi francesi in tv o Gibbs che insegue nel traffico di Washington il solito omicida seriale, bambino che si fa i Musicaly con davanti il libro di grammatica…
Ore 16: “nonno scendo in spiaggia!” – “Hai fatto i compiti?” – “SIIIII! Certo nonno!”
Questo frame si ripete come un déjà vu ogni giorno dal lunedì al venerdì fino a quando arrivano i genitori…
Che fare quindi?
Apparte installare telecamere e cimici in tutta la casa o telefonare ai nonni ogni 15 minuti per tenerli svegli non ci sono molte altre soluzioni…
Nessun genitore ha oggettivamente la forza poi, quando nel weekend o per le classiche due settimane di ferie, raggiunge il piccolo mucchietto di cellule, di mettersi a discutere ogni giorno.
Così arriviamo a fine agosto e il volto colpevole che ci troviamo davanti il fatidico mattino in cui poniamo la classica domanda, non lascia che iniziare a imporsi a suon di minacce e urla.
Questo non fa bene nè al piccolo, nè all’adulto ma del resto, essere genitori è uno dei “mestieri” più difficili al mondo e talvolta ha aspetti molto poco piacevoli.
Per “l’ingenua” vittima del sistema scolastico, il prezzo del suo totale disinteresse, nel momento in cui i genitori riprendono il controllo delle sue giornate, è un fiume di lacrime che pare senza fine; per la madre e il padre invece, si presenta sottoforma di vagoni di antiacido e terribili mal di testa.
Ho provato per ben sette anni ormai, a cercare di spiegare alla peste bionda il piacere della lettura e della scrittura, i benefici della cultura e del sapere.
Ho cercato di affrontare la questione in maniera “adulta”, arrivando persino a dirle che se continua così, l’unico marito che potrà essere interessato a una ragazza che vanta un inglese stile “Totò che chiede informazioni al vigile urbano a Milano”, con una capacità dialettica simile a quella di un homo sapiens del periodo paleozoico e che sa contare a malapena il resto del gelato, sarà un sicuramente simpatico contadino (con tutto il rispetto per i contadini sia chiaro) che vive con 8 pecore e si addormenta al tramonto pensando a lana e latte da vendere al mercato, mentre lei sferruzza a maglia il 142esimo cappellino per l’inverno.
Ma nulla da fare…
Mi rendo perfettamente conto che l’interesse di quella che ormai, seppur rimanendo una peste, è una giovane bionda dalle gambe lunghe, in questo periodo pre-adolescenziale è lontano anni luce dai libri e dalle espressioni algebriche e il mio mal di testa può placarsi solo con una democratica rassegnazione.
Con questo non sto dicendo che si deve “mollare il colpo” ma semplicemente rendersi conto che il tempo dello studio verrà da sè come è stato per tutti chi prima chi dopo, che urlare e legare i figli ad una sedia per il resto delle vacanze non è oggettivamente salutare per nessuno.
Si renderanno conto da soli alla lunga, che il mondo che li attende all’alba del 2018, non ammette l’ignoranza e che ben pochi hanno avuto o hanno successo cantando su youtube o dilapitando i soldi guadagnati con fatica dai genitori, per improvvisarsi fashion blogger, specialmente se non sanno scrivere e parlare in modo comprensibile e possibilmente con un italiano corretto.
Arriverà il momento in cui non sapranno sostenere un dialogo o un confronto vis-à-vis senza poter copiare e incollare frasi pre-confezionate da Google e a quel punto sarà il loro stesso orgoglio a metterli sui libri.
Forse allora ricorderanno le parole della mamma una sera d’estate, di fronte a un tema che pareva scritto dalla Ferragni prima che qualcuno si premurasse di prepararle e farle imparare a memoria il copione da recitare dietro la cattedra di Harvard.
Chissà, magari poi sorrideranno invece di piangere, usciranno trionfanti con la loro laurea in mano facendovi dimenticare tutte quelle ore con lo stomaco che ribolliva come il Monte Fato.
Personalmente l’unica cosa che eviterei volentieri e datemi pure della milanese snob, è un matrimonio sotto i 40 gradi di un mese di agosto in qualche campagna sperduta, con due pecore come testimoni, mia figlia che arriva a cavallo di un montone e Tosty 13esimo che porta gli anelli su una carota…
Non chiedo troppo vero?