I rapporti nati in 40ena non dureranno

La spiegazione è talmente banale e semplice che probabilmente chi è dotato di neuroni la conosce ma la archivia immediatamente pensando: “non può essere veramente così”.

Prendi un uomo o una donna e senza preavviso chiudili in una gabbia da soli, prima faranno di tutto per fuggire, poi cercheranno di arredare la gabbia per renderla più accogliente, infine sostituiranno il rapporto umano tangibile e fisico, con rapporti, ovviamente virtuali, che evaporeranno (alcuni lentamente altri con la velocità della luce) appena qualcuno gli aprirà la porta.

Quando riavranno tutto ciò che gli è stato tolto seppure per gradi, lo apprezzeranno forse anche di più e vorranno farne indigestione, per placare l’astinenza dei mesi chiusi in casa.
La luce, il sole, il mare, la montagna, il paesaggio, le passioni all’aria aperta, gli amici, i colleghi, i parenti, persino il panettiere e la commessa con le chiappe sode che tanto non te la da o il commesso dai bicipiti che rischiano di strappare la maglia che ama sua moglie e ha 5 figli.
Il profumo, il sapore, il tatto, le variazioni di tono della voce, tutte quelle sensazioni generatrici di emozione che chiusi in casa, a lungo andare, si sono come assopite.
Le strette di mano, il contatto fisico, l’espressione del viso, il suono della risata, gli abbracci, gli sguardi.
L’aperitivo, le cene, le gite, la cultura sensorialmente acquisibile, le passeggiate, il sesso.

Se già, chi tendenzialmente è sempre stato abituato alla solitudine o dotato di scarsa propensione verso la vita sociale, ha sentito la necessità di creare comunque, o è cascato, in simulacri di rapporti per empatia, sensibilità o semplice solidarietà, figuriamoci chi era abituato all’affettività, alla compagnia, all’attenzione altrui, al continuo confronto con persone che in questi mesi sono state, per la maggior parte, risucchiate dal pensare e provvedere alla propria sopravvivenza e alla sopravvivenza dei propri cari.

Rapporti nati sui social per la maggior parte. In questi mesi, unica risorsa per una parvenza di socialità.
Rapporti fatti di fiumi di messaggi scritti e qualche telefonata, sexting e ricerca di quelle emozioni e di quell’attenzione che non poteva oltrepassare la soglia di casa.
Youporn ha battuto ogni record di accessi, tutti sono diventati cuochi e panificatori, scambiandosi ricette via web, nell’impossibilità di andare dalla nonna a vedere come in 3 secondi lei riesca a “chiudere un tortellino” o “arricciare uno gnocco con la forchetta”.
Chiunque ha dovuto imparare quella giusta dose di paraculismo necessaria a innaffiare, come piccole piantine sul davanzale, questi rapporti.
Alcuni lo trasformeranno nel mood del millennio, magari aggiornando il calendar con tempi più diluiti e questo perché: “la minestrina riscaldata nei mesi invernali poi fa sempre comodo” (o… In periodi di carestia…), altri invece torneranno alla loro tanto agognata quotidianità e ci si legheranno con almeno 5 giri di catena.
Le video call e i selfie del resto, hanno rimosso la terza dimensione e anche chi ha sempre odiato i messaggi audio e/o audio/video ha dovuto rassegnarsi per non perdere almeno il contatto visivo e/o uditivo.

In questi mesi la bionda mi ha raccontato di fidanzamenti “virtuali” nati giorno dopo giorno e defunti per la mancanza di contatto fisico o… Al primo contatto fisico.
Un caro amico ha giustamente fatto notare che non era furbo prendere dei volontari per un’attività online, sperando che a fine quarantena sarebbero rimasti, perché spalancata la famosa porta, questi si sarebbero precipitati fuori di corsa, dimenticando all’istante le certamente onorevoli intenzioni, che li avevano spinti a prendersi un incarico che occupasse il tempo libero.

Ma del resto, siamo tutti consapevoli che i rapporti virtuali non possono durare, figuriamoci quelli nati in un momento di estrema necessità poiché privati di qualsiasi altro genere di rapporto.

Stasera, con molta probabilità, il Presidente del consiglio annuncerà la riapertura del paese e con essa svaniranno (di cui si ha avuto già un assaggio con la ripresa delle attività e il cessato obbligo di autocertificazione per spostarsi nella propria città/regione) tutte quelle persone a cui, per diversi motivi e necessità, siamo stati “utili” in questa quarantena.

Come un uccello del malaugurio, avevo già detto in un post precedente che non ne saremmo usciti migliori. Se la quarantena ha mostrato su un lato della medaglia l’egoismo di chi ci era stato vicino fino ad allora, per colmare “mancanze” o insoddisfazione un po’ di tutti i generi, l’altro lato rivela ora l’effige di un egoismo diverso, quello di chi ha assistito inerme allo svuotamento del suo mondo con la stessa velocità con cui si svuota la sacca di liquido amniotico quando si rompono le acque.
E ha dovuto riempirlo di qualcosa che assomiglia tanto, e purtroppo, a delle “bolle di sapone”.

Era prevedibile? Sì.

Era lecito?

Era Comprensibile?

Solo l’estrema ingenuità e anche un po’ di quell’egoismo che tutti comunque possediamo, può portare a credere che qualcosa che “non si può toccare con mano” possa durare.
L’illusione e forse anche la speranza ha fatto da filo conduttore di questi rapporti fino a quella che sembrerebbe (perchè da milanese dopo aver visto cose “che voi umani non potreste nemmeno immaginare” non mi fido per nulla di quelli che ormai chiamo cip e ciop, residenti ad honorem a palazzo della regione) la fine di un periodo difficile e psicologicamente incisivo per molti, ma pensare che un’illusione o la speranza trasformi, in qualcosa di più concreto e durevole ciò che si è creato e che è stato alimentato nel web, è un po’ come sperare che il palloncino che ci è sfuggito di mano, cambi idea e dopo avere assaporato il cielo decida di sua spontanea volontà di tornare fra le nostre mani.

Siamo esseri umani, non palloncini e ce ne faremo una ragione, in fondo non è una colpa, e’ solo istinto di sopravvivenza e l’essere costantemente incapaci di bastarci.
Diversamente il Tibet sarebbe molto più popolato.

Di buono c’è che avremo una conferma in più del fatto che solo il reale e i fatti contano veramente e potremo “scremare” nuovamente i nostri contatti e rapporti mantenendo ciò e per chi vale la pena mettersi in gioco.

Personalmente da anni ci sono ormai abituata e benché soffra ancora un po’ di ingenuità, ho smesso di credere da tempo a ciò che non posso toccare con mano e ho sviluppato anche io un po’ di sano egoismo. (Senza esagerare…).
Non devo più nemmeno fare troppi sforzi, sono decisamente consapevole oggi più di ieri e molto più di anni fa, che i palloncini una volta in cielo preferiscono volare liberi e li lascio, semplicemente andare.

L’unico timore che ho è che, se già prima della pandemia e da diversi anni, non ci si poteva fidare di nulla di ciò che galleggia aleatorio nella cloud, che l’uso smodato della tecnologia, ha reso di proporzioni simili a quelle di Atlantide, ora che tutti hanno dovuto necessariamente scoprirla e utilizzarla anche gli ultimi baluardi e fanatici dell’umanità troveranno più semplice e meno rischioso il mondo del web, piuttosto che alzarsi dal divano e “metterci la faccia”.
E le gambe, e le mani, e la testa… (Il cuore non lo cito nemmeno).

Del resto io ormai come si usa dire, “ho una certa” ma penso ai ragazzi più giovani e a cosa e quanto perderanno se si lasceranno catturare da quella “rete”.
Forse però, saranno più furbi di noi, in fondo sono cresciuti nel disincanto del web e del tutto possibile, visibile e a portata di mano, hanno scoperto ora che anche la scuola può diventare “DAD” e che questo comporta che i compagni ti manchino, che il mondo reale in fondo è molto più bello di quello che hai visto sul salva schermo dell’iPad di tuo padre e che se vai in giro giocando a pokemon go rischi solo di sbattere contro un lampione.
Mi auguro che tutto questo e molto altro gli permetterà di gestire meglio “le favole” che nascono e muoiono in un battito di ciglia.

“Da oggi 3 giugno apriamo i nostri confini regionali” ha dichiarato poche ore fa il Presidente del Consiglio.

Ma, piccola nota, caro presidente Conte, siamo proprio certi che questa socialità ritrovata, complice anche l’arrivo del periodo estivo ci regalerà “il sorriso e l’allegria” che meritiamo?
Non è che troppi si renderanno conto, dopo l’enfasi dei pochi giorni in cui faremo overdose di ritrovata pseudo-normalità, che il mondo e le persone non sono più le stesse e che né uno né le altre sono cambiate “in meglio”?


In ogni caso…

Liberi tutti.
Fine della finzione, della commedia virtuale per sentirsi meno soli o se preferite, fine del dovere riempire una solitudine che, del resto, non si è scelta.

Uscite.
Riprendetevi quella quotidianità, seppure con ancora alcune limitazioni, che avete tanto agognato.

Nessuno vi accuserà o ve ne farà una colpa se tornerete a vivere.

Nota a margine abbastanza fondamentale: magari però la mascherina continuate a usarla e continuate a mantenere il distanziamento sociale.
Non oso sperare tanto perché in questi mesi ho letto ogni genere di idiozia, se però la storia ci insegna che l’uomo non impara ma dimentica, ripetendo ciclicamente gli stessi errori, forse all’alba di questo 2020 così complicato è difficile è venuto il momento di dimostrare, fosse anche solo per orgoglio, che qualcosa in più di 2000 anni abbiamo capito.


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