Perché fare un “RITRATTO” è così difficile?

Perché è un ritratto.
Da wikipedia:
Il ritratto fotografico è un genere dove si incontrano una serie di iniziative artistiche che ruotano intorno all’idea di mostrare le qualità fisiche e morali delle persone che compaiono nelle fotografie.

Fisiche e morali… Non solo fisiche quindi.
Pertanto non possiamo considerare ritratto tutte quelle belle foto dove l’attenzione viene catturata esclusivamente dal corpo o parti di esso.
Corretto?
Quindi tutte quelle belle ragazze o quei bei ragazzi che vediamo in milioni di fotografie, opportunamente modificate in post produzione per fare apparire ancora di più il bello, o “trasformate” per fare risaltare solo ciò che lo spettatore “vuole” vedere (non devo dirvi io quali parti vengono esaltate…) non sono ritratto.
Corretto?

Allora forse, fare ritratto, è materia più complessa, forse non basta una bella location e una bella gnocca (o per parconditio, un gran bel figone).
Forse quelle fotografie sono solo, il mettere in bella mostra, alcuni aspetti sicuramente graditi al pubblico per aumentare la propria notorietà?
Forse non si può definire del tutto fotografia ma piuttosto, pura tecnica fotografica (quando c’è perché non è scontato nemmeno questo) al servizio del pubblico e di se stessi?

Chi fa shooting come se non ci fosse un domani, definendoli di “glamour”, “street style” o “fine art” perché è meno volgare che collocarli in quello che è palese sfruttamento visivo di un corpo e sua mercificazione, dovrebbe per un attimo riguardare le sue fotografie e chiedersi: cosa vedo qui a parte due belle chiappe, un seno prominente, due labbra turgide o bicipiti e addominali levigati?
(Il viso ad esempio mi dice qualcosa della persona ritratta?)
Chi è ritratto in quelle fotografie dovrebbe chiedersi: sono io quella/o?
(O volontariamente voglio apparire bella/o per attirare attenzione?)

Se prendiamo uno di quei bei “ritratti” da calendario e, togliamo il contesto da cartolina/calendario, immaginiamo di scattarlo con una macchina “entry level” o addirittura un cellulare (niente mille e mille euro di attrezzatura), aggiungiamo dai 15 ai 20 anni e che so, 10 kg, un po’ di cellulite e delle rughe di espressione alla modella, riduciamo al minimo il fluidifica, lo schermo brucia e il filtro glamour in post produzione, le togliamo quei vestiti che probabilmente indossano solo per gli shooting o per andare a un matrimonio e riduciamo la saturazione rendendola il più possibile vicina al colore che si percepisce ad occhio nudo fino ad arrivare al bianco e nero, abbiamo ancora un ritratto?
Ridotta la fotografia all’essenziale vediamo veramente qualcuno o l’attrazione e la bellezza dell’immagine (non del soggetto attenzione…) si perdono per strada?
Vediamo qualità fisiche e morali del soggetto o una qualsiasi bella ragazza che se ci va bene forse sorride?
Ci da l’impressione di avere qualcosa in più rispetto alle evidenti qualità fisiche che sono mostrate?
In cosa è diversa da mille altre, dov’è la sua unicità e cosa il fotografo ha voluto comunicare con quell’immagine sulla persona che intendeva ritrarre e su ciò che lui vede?

[Il tutto ovviamente vale anche per i soggetti maschili]

Possiamo quindi veramente definirli fotografi e modelle o modelli?

Tutto questo ammesso che non si stia parlando di vero glamour, style, pubblicità o moda che però negli ultimi anni se sfogliate un po’ di riviste, vedrete che sta andando un pelino controcorrente.
Ha quasi del tutto abbandonato la bella modella o il bel modello tecnicamente e sapientemente levigati, appoggiati come cartoline su un paesaggio e preferisce mostrare persone “vere”, difetti e imperfezioni incluse.

Questa estate con il Corriere della sera, la Gazzetta dello sport, in collaborazione con la Canon Academy sono usciti una serie di inserti sul Corriere e dei veri e propri libri con la Gazzetta, tema: la fotografia.
Non solo dei tutorial tecnici perché la tecnica a chi è nel ramo dovrebbe essere piuttosto nota ma dei veri e propri manuali anche di storia della fotografia e della sensibilità fotografica.
Ogni inserto, dedicato a una precisa categoria riportava infatti anche un fotografo noto in quell’ambito oltre che riflessioni sul come comunicare un messaggio.
Perchè ricordate che fotografia significa sempre: scrivere con la luce

Di tutti gli inserti, quello che mi ha colpito maggiormente è stato proprio quello sul ritratto, perché in questo caso la sensibilità di chi sta, sia dietro che davanti l’obbiettivo, è punto focale per la riuscita della fotografia.
Sia che si parli di ritratto vero e proprio che di ritratto ambientato.

Non vi farò faticare a leggere le mie elucubrazioni in merito, riporto ciò che ho detto su Instagram nelle mie stories così facciamo prima.

e un suggerimento…

Io non sono una “ritrattista”, sono un orsetto gommoso e i ritratti ho difficoltà a realizzarli anche con matite e pennelli.
Purtroppo la visione che ho io delle persone è talmente profonda e “intima” che quando provo a ritrarle ho sempre la sensazione di “rubare” loro qualcosa di personale.

Ogni tanto però ci provo e sebbene non abbia i mezzi tecnici che sicuramente ha Maki Galimberti o altri fotografi noti, quando lo faccio, cerco di “raccontare” almeno qualcosa della persona che compare in versione bidimensionale.
Perché altrimenti, almeno per me, non stiamo parlando di ritratto e non stiamo soprattutto comunicando nulla.

Ogni fotografia in generale, di qualsiasi genere si tratti, dovrebbe avere un “progetto” dietro che sia anche solo il sapere cogliere un attimo significativo.
Ogni fotografo deve avere studiato e pensato un progetto, quale che sia.
Ogni fotografo deve prima di tutto pensare che davanti a lui c’è una persona, non un soggetto e entrare, per quanto possibile nella sua testa.
Ogni “modella/o” di ritratto deve avere l’intento o quantomeno la volontà di mostrare chi veramente è senza avere paura di non essere “abbastanza bella”.
Ogni “modella/o” deve avere piena fiducia nel fotografo per potere essere veramente se stessa con tutte le sue qualità fisiche e… Soprattutto MORALI.

Il resto è mera apparenza che non comunica e non fa pensare come dice Galimberti.

Ora, piccola anticipazione per chi è arrivato a leggere fino a qui.
Da mesi, con un amico nonché fotografo (Oh, scusa, dovevo dire appassionato di fotografia? … che altrimenti mi caxxia subito), abbiamo partorito un progetto che pare più un’associazione a delinquere, per certi aspetti.
Lui ha un progetto fotografico su di me che in parte è nato anche e proprio dalla mia versione “orsetto gommoso”.
Io ho un progetto narrativo che prevede il racconto di uno shooting fotografico per ciò che realmente è.
Non come quei backstage patinati che si vedono in giro ma uno shooting se vogliamo molto casalingo, che coinvolge un orsetto gommoso e un fotografo che prima di scattare deve avere un’idea e che la studia in tutti i più piccoli dettagli.

Due persone che sono prima di tutto amici nonché creativi fino al midollo.
Entrambi si metteranno in gioco ognuno con le sue competenze, per mostrare che il fotografo non è un mestiere facile come tanti credono e essere una modella non significa per forza essere bella come una dea scesa in terra, né stare in posa come una statua senza nemmeno respirare.
(Anche perchè una cagac… e fastidiosa come me non ci riuscirebbe mai)
Ci metteremo in gioco chiaccherando, bevendo caffè, ridendo come due bambini e naturalmente, mangiando orsetti gommosi! (Almeno fino a che, esaurita la pazienza, non mi tirerà un obbiettivo in testa o più educatamente mi manderà a quel paese!)

Cosa ne verrà fuori da questo mix di ironia e professionalità non lo sappiamo ma una volta che l’idea c’è…

La data prevista è il 12 settembre.
Non vi anticipo nient’altro, nemmeno chi è il fotografo!
Nelle stories sul mio Instagram (@VolevoFare) sarà tutto reportizzato diligentemente in real time, successivamente il reportage della giornata sarà anche qui.

Quindi, stay tuned!

AGGIORNAMENTO:
Lo shooting è stato portato a termine in una mattinata in cui abbiamo riso, ci siamo divertiti e ho scoperto che la mia cellulite esiste veramente e non “me la sento” solo dentro.
Non ho abusato degli orsetti semplicemente perché il fotografo mi ha minacciato che se poi stavo male, mi avrebbe portato da Zangrillo (Di cui ho la stessa fiducia di quella che potrei avere se una zanzara mi giurasse sulla testa di suo nonno coleottero, di non morsicarmi).

Ora con calma, perché la creatività e l’arte hanno i loro tempi verrete aggiornati, nel frattempo meditate gente… Meditate.



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