Turn off

Li riconosco tutti i sintomi, ci sono già passata del resto.

In questi tre anni ho cercato di combattere in ogni modo per non ricadere in qualcosa che già una volta mi aveva annientato.

Di quell’anno e mezzo di 15 anni fa ricordo poco, ricordo i pianti, ricordo la mia assenza, ricordo il volere solo arrivare a sera e andare a dormire per fare passare un altro inutile giorno. Ricordo il totale assopimento di qualsiasi emozione e ricordo soprattutto perché è accaduto.

Lo ricordo perché un anno di terapia ha portato tutto a galla e ora lo sto facendo da sola con questo post.

Il continuo dovermi farmi carico di altre persone, della loro sofferenza, del loro egoismo, della loro incapacità di affrontare le situazioni difficili. Il dovermi ri-plasmare ogni volta sulle esigenze altrui. La costanza con cui sono sempre stata lasciata sola.

La sindrome dell’abbandono che mi ha camminato sempre a fianco come una fedele compagnia generando senso di colpa, paura di amare, un’eccessiva e sproporzionata necessità di controllo e soprattutto un difficile ma necessario autocontrollo che mi ha procurato non pochi problemi.

Ma ricordo anche le parole che mi sono state dette dalla persona che mi ha permesso di rinascere: non è colpa tua.

Aveva ragione ma chi attraversa le acque turbolente dello stige rappresentato da un passato e tanti, troppi anni di abbandono e continue ferite profonde, forse non torna mai veramente indietro.

Chi nonostante un continuo dare agli altri perché per sua natura crede sia così che si dimostra l’affetto, l’amore, il tenerci, chi nuota costantemente controcorrente, convincendosi che va bene così, per poi inevitabilmente rendersi conto che non c’è mai una mano sulla altra sponda a tirarla fuori verrà, prima o poi, risucchiata al punto di partenza. Nell’inferno del suo essere troppo accondiscendente, del suo dover essere sempre troppo forte e quindi del suo fare troppa paura a chi vuole solo la semplicità, momenti piacevoli e che rifugge l’impegno e il sapersi prendere cura.

Forse è vero che sarebbe meglio non dare, forse sono vere tutte quelle caxxate che cantanti, esperti di aforismi da web e pseudo istruttori del “come vivere sereni” dicono: non concedere mai troppo, fatti desiderare, resta a distanza, non cambiare per altri, pretendi, trattali male, falli sentire in colpa, mostrati debole.

Il problema è che io non sono così.

La più grossa paura che ho avuto durante la pandemia, in quei 90 giorni passati fra le mura di casa da sola, era proprio quella di annegare di nuovo nello stige. Di non trovare più la forza per reagire ancora ma nonostante abbia visto “amici” sparire, persone avvicinarsi per gli egoistici bisogni di ritrovare una parvenza di normalità e altre usarmi fino a che non hanno potuto tornare alla loro “vita”, ho tenuto fuori la testa dall’acqua, mi sono ancorata a quel salvagente di consapevolezza che già la prima volta mi aveva tenuto a galla.

Dovevo resistere perché c’era un’ unica e importantissima persona che aveva ancora bisogno di me.

Come la prima volta l’amore per lei mi ha salvato, perché lei c’è sempre stata diversamente da chiunque altro.

Solitamente sono i genitori a “salvare i figli” ma nel mio caso e’ lei ad avere sempre salvato me, perché e’ ed è stata, l’unica persona negli ultimi 17 anni che non solo e’ in grado di riconoscere il mio dare ma lo ricambia e che soprattutto, sa veramente chi sono e come sono, di cosa ho bisogno e quando.

L’unica che riconosce il mio valore, il valore di ciò che faccio, il valore di ciò in cui credo. 

L’unica che sa camminarmi a fianco ed essere la “rotellina della mia bicicletta”. L’unica che mi “vede” veramente.

Ne esistevano altre due, due donne che mi hanno salvato la vita prima di lei ma purtroppo entrambe in questi ultimi due anni mi sono state portate via da quel crudele gioco che si chiama vita e che purtroppo ha una fine, come tutti i giochi.

Il resto di chi per più o meno tempo è apparso lungo le sponde è stato solo un dejavu che ha confermato le mie paure, che non ha disatteso le mie più negative aspettative seppur conoscendole.

Che ha solo aumentato di giorno in giorno il non credere più che esista un’altra sponda dello stige dove c’è un Olimpo di gioia e soddisfazione, che ti permette ancora di credere che in fondo non esiste un destino segnato sempre dalle stesse “torture” ma che può essere diverso, che c’è chi può farti sentire speciale e “abbastanza”.

Ammetto di averli messi alla prova, ormai, scusatemi, e’ legittimo da parte mia farlo. Hanno tutti fallito.

Ho cercato di rialzarmi di nuovo, di ritrovare attraverso le mie passioni e si, anche attraverso il mio lavoro, quel contatto umano almeno a livello mentale che mi aiutasse a tenere duro. Ho provato a mostrare quanto potevo essere e fare e ci sono riuscita ma nessuno lo ha riconosciuto, nessuno gli ha attribuito un valore che mi permettesse di non abbandonare una alla volta anche le mie passioni. Ci ho “guadagnato” solo l’essere “messa” in un secondo insensato lockdown…

Fotografia, disegno, capacità narrativa, creatività, tutte forme del mio sapere dare.

Un dare che come sempre non ha ricevuto un’avere in cambio. Nemmeno intangibile.

Mi sono messa di nuovo in gioco sebbene mi fossi ripromessa di non farlo più, ho rimesso in gioco anche le parti più “intime” di me, ho rimesso le mie emozioni in mano ad altri e le hanno fatte a pezzi con la loro indifferenza e col loro non volermi capire e stare accanto, semplicemente perché non sono capace di chiederlo. Perché penso che certe cose debbano essere spontanee, che se una persona tiene a te smuove anche le montagne per esserti vicino, soprattutto quando ne hai veramente bisogno. 

Come spesso ho fatto io.

Forse non ne sono capaci e io non dovrei aspettarmi qualcosa che non è nella comune natura umana di troppi.

Ora, mi sto rendendo conto per la prima volta del perché mia madre è diventata una sorta di fantasma, del perché la madre che conoscevo si è spenta, persino del perché legge libri uno dietro l’altro e si è “staccata” da tempo dalla realtà.

Arriva un momento in cui ti stanchi di nuotare, le braccia ti fanno male e ormai sei consapevole che superata una corrente, in pochi attimi ne arriverà  un’altra che ti riporterà indietro.

Ti siedi sulla riva e resti lì, sola come ti hanno sempre lasciato, disillusa e cosciente del fatto che non si può combattere contro chi nemmeno ti vede. Perché la realtà è che sei un fantasma che prende consistenza per altri solo quando se ne ha bisogno e il resto del tempo scompare.

Non ne vale più la pena.

Da un paio di mesi riconosco i sintomi.

Non so se la goccia che ha fatto traboccare il vaso sia stato il lavoro, i problemi quotidiani sempre più frequenti, le relazioni personali o semplicemente l’essere stanca di combattere una guerra persa già su tutti i fronti perché così è sempre stato.

Non so più dove trovare la forza, non ho più appigli e tutto mi sembra ipocrita e inutile.

Non do la colpa a nessuno, in fondo ognuno è ciò che è, non si può cambiare un destino segnato.

Non do la colpa nemmeno a me stessa perché quelle parole sono vere: la colpa non è tua.

Ma non ho nemmeno più voglia di combattere coi mulini a vento quindi mi siedo qui, sulla mia ormai familiare sponda “sbagliata” e lascio ad altri, se vorranno venirmi incontro.

Se non lo faranno pazienza, sono cresciuta con due donne sole che sebbene ferme sulla loro sponda hanno continuato a esistere e che con la loro esistenza mi hanno insegnato che si può “vivere” anche così.

Naturalmente questa mia lettera a me stessa non verrà condivisa nel web perché questo è anche il mio “diario”, quello che ho sempre avuto fin da bambina dove posso e voglio essere solo me stessa con tutte le debolezze che solitamente non mostro e chi lo segue e lo legge perlomeno ha fatto lo sforzo di inserire una email o cliccare un segui per sapere quando e cosa scrivo.

Non è molto ma per chi ha avuto sempre molto poco, leggere i miei pensieri e’ un piccolo segno del riconoscermi “qualcosa” o del volere conoscere chi c’è veramente dietro questo ormai troppo anonimo schermo e dietro la necessaria apparenza che tutti mostriamo al “grande pubblico”.

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5 pensieri su “Turn off

      1. Non sono mai stati abbastanza vicini da poter essere nemmeno nemici… Hanno solo lentamente eroso ciò che ero portandosi via parti di me che gli servivano e lasciandomi solo un vuoto che nemmeno mi interessa più

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